Bollettino Luglio 2012
I cambiamenti climatici… impariamoli da CESARE
C.E.S.A.R.E. – Clima e Sostenibilità Ambientale per una Rete educativa, é questo il nome scelto per il progetto nato dalla stretta collaborazione tra il Servizio Ambiente del Comune di Oristano e la Fondazione IMC (Centro Marino Internazionale Onlus). Il progetto ha coinvolto anche altri protagonisti delle attività di ricerca scientifica, monitoraggio e formazione presenti nel territorio, quali la sezione oristanese dell’IAMC – CNR (Istituto per l’Ambiente Marino Costiero) e il CReS (Centro per il Recupero della fauna selvatica del Sinis). Il progetto é finanziato con fondi comunali e dall’Assessorato Regionale all’Ambiente della Regione Sardegna grazie al bando rivolto al “cofinanziamento di progetti di educazione all’ambiente e alla sostenibilità” dei Comuni titolari di un CEAS non ancora accreditato. C.E.S.A.R.E. nasce dalla convinzione che, considerato il forte legame fra il contesto culturale e quello territoriale di riferimento, si sarebbe potuta realizzare una proficua collaborazione e integrazione tra saperi, capacità e competenze differenti, coinvolgendo i diversi attori (istituzioni, associazioni, scuole, comunità locale) per incentivare percorsi educativi e formativi ispirati dal principio di partecipazione, condivisione e partenariato. Pertanto uno degli obiettivi del progetto é quello di coinvolgere i Cittadini nelle attività di educazione, informazione, comunicazione e sensibilizzazione alle problematiche relative ai cambiamenti climatici globali in atto e alla salvaguardia degli ambienti costieri. Ad esempio si cerca di fornire una visione dettagliata sulla complessità dei litorali sabbiosi in modo tale da indicare i processi e le dinamiche naturali che agiscono nella formazione delle spiagge e dei sistemi dunali i quali sono particolarmente sensibili a qualsiasi modificazione. Particolare attenzione è rivolta ai giovanissimi sia attraverso la scuola, considerata quale ambiente privilegiato dove promuovere e diffondere le varie iniziative, che attraverso il gioco ed il lavoro di gruppo, per favorire una conoscenza consapevole delle risorse naturali e del valore della biodiversità. Per questo motivo sono stati pensati e realizzati dei laboratori manipolativi e tecnico scientifici, con l’obiettivo di trasferire i concetti e le nozioni relative ai cambiamenti climatici. Il progetto, iniziato a fine febbraio 2012, è già arrivato a metà del suo percorso. Finora sono stati coinvolti quasi 1000 studenti appartenenti a 16 istituiti scolastici. Nella giornata dedicata al primo seminario (29 maggio 2012) sono state ricevute le testimonianze dei dirigenti scolastici sulle attività condotte dagli studenti durante il primo trimestre (marzo/maggio 2012) e si sono potute analizzare le proposte degli insegnanti per la prosecuzione delle attività per il nuovo anno scolastico. Nell’ambito della manifestazione del “Maggio della Torre” a Torregrande, per due domeniche consecutive (20 e 27 maggio), i ricercatori e tecnici dell’IMC, del CNR e del CReS-AMP Sinis Mal di Ventre, hanno presentato le attività di ricerca scientifica, di monitoraggio e di formazione che svolgono presso i rispettivi istituti; entrambe le giornate hanno registrato un buon numero di partecipanti. Attraverso le attività organizzate nel contesto di C.E.S.A.R.E., l’Amministrazione Comunale e la Fondazione IMC mirano alla sensibilizzazione della cittadinanza anche in relazione al corretto smaltimento dei rifiuti derivanti dai consumi e dalle attività che gravitano nel litorale. In sostanza l’obiettivo é quello di incentivare comportamenti disciplinati e di rispetto del bene comune sempre nell’ottica di migliorare lo stato di conservazione del paesaggio, degli habitat, della fauna e della flora selvatiche.
servizio.ambiente@comune.oristano.it
“Sa groga” un problema sempre attuale delle lagune oristanesi
La produzione ittica delle lagune oristanesi, negli ultimi anni, ha subito una graduale ma marcata diminuzione. Solo fino a qualche tempo fa, alcune di esse, lo Stagno di Cabras e lo Stagno di Santa Giusta, erano fra le più produttive d’Europa mentre al giorno d’oggi i pescatori fanno fatica a vivere della pesca. I motivi alla base questo cambiamento sono molteplici; esistono problemi, sia di origine antropica che naturale, che ostacolano la produzione ittica e, allo stesso tempo, mettono in serio pericolo gli ecosistemi che caratterizzano i bacini idrici. Uno di questi problemi è rappresentato dalle barriere calcaree costruite da un piccolo verme tubicolo, il Ficopomatus enigmaticus (o Mercierella enigmatica ), meglio noto dalla popolazione locale come “groga ”. Si tratta di una specie aliena di origine australiana, arrivata in Mediterraneo intorno agli anni 50, probabilmente attraverso le acque di zavorra delle navi; lungo le coste mediterranee ha trovato condizioni ambientali favorevoli per il suo sviluppo. F. enigmaticus vive in un tubicino calcareo che costruisce attorno al proprio corpo, all’interno del quale trova protezione dai predatori (orate, mugilidi, crostacei); quando più tubicini calcarei vengono costruiti a contatto tra di loro e parallelamente gli uni agli altri, possono formare delle barriere anche molto grandi: diversi metri quadri di estensione e con un’altezza che, a partire dal fondo della laguna, arriva a rasentare la superficie dell’acqua. I pescatori di alcune lagune della Provincia di Oristano (Stagno di Santa Giusta, Laguna di Corru S’Ittiri, e Laguna di San Giovanni – Marceddì) rivendicano l’impossibilità di esercitare nel migliore dei modi la propria professione; le barriere di F. enigmaticus impediscono loro di raggiungere con le imbarcazioni le zone di pesca e arrecano seri danni agli strumenti da pesca. Per ovviare a questo problema la Provincia di Oristano ha deciso di rimuovere meccanicamente parte di queste barriere. Il problema, tuttavia, va gestito in maniera sostenibile, possibilmente evitando di arrecare eventuali altri danni agli ecosistemi. L’Ufficio Ambiente e Suolo della Provincia di Oristano, in via preliminare, ha incaricato la Fondazione IMC – ONLUS di indagare sui principali fattori ambientali che favoriscono la colonizzazione e lo sviluppo di F. enigmaticus . Lo scopo del lavoro attualmente in corso è caratterizzare le tre lagune interessate alla rimozione e individuare eventuali condizioni ambientali che potrebbero favorire lo sviluppo delle barriere, nonché fornire informazioni generali sull’ecologia di F. enigmaticus . Il lavoro si basa sull’analisi di una serie di dati ambientali ed ecologici, quali le caratteristiche dei sedimenti del fondo lagunare, la comunità macrozoobentonica associata e le principali variabili chimico-fisiche della colonna d’acqua, attraverso la comparazione di zone caratterizzate dalla presenza dell’animale e zone in cui esso è, invece, assente.
E-mail: gianni.brundu@tiscali.it
Eccomi qui per la terza volta, sono Laura Manca, aspirante biologa marina iscritta al corso di laurea magistrale dell’Università di Bologna, nel campus di Ravenna. Mi ritengo fortunata per aver avuto, da qualche tempo, l’opportunità di entrare in contatto con la Fondazione IMC Onlus e conoscere i suoi ricercatori. È un ambiente familiare e molto professionale dove continuamente acquisisco nozioni e capacità che migliorano le mie competenze. Fin dall’anno scorso, scelsi l’ IMC per svolgere il mio tirocinio curriculare e ora lavoro alla mia tesi sperimentale. Sono stata inserita nelle attività di ricerca e studio per l’indagine preliminare degli aspetti ecologici di Ficopomatus enigmaticus . Il lavoro è finalizzato alla proposta di interventi di risanamento delle lagune di Santa Giusta, Corru S’Ittiri e Marceddì. Lo studio di ricerca prevede un approccio multidisciplinare che coinvolge aspetti biotici e abiotici, nello specifico la bio-ecologia del polichete che contempla la parte biologica dell’animale e del suo habitat costituito da sedimenti e sostanza organica. Il mio contributo a questo studio interdisciplinare interessante e l’ambiente di lavoro amichevole mi fanno ben sperare per una buona riuscita del lavoro e della mia tesi sperimentale. Per questo sono grata alla Fondazione e a tutto lo staff per l’accoglienza e la supervisione del lavoro che conduco con l’auspicio di ottenere buoni risultati.
E-mail: mancalm@libero.it
Monitoraggi nelle aree protette della Sardegna orientale
Da molti anni la Fondazione IMC è impegnata in attività di ricerca e di monitoraggio in diverse aree marine protette del Mediterraneo. Attualmente sono in corso alcune campagne di monitoraggio lungo la costa orientale della Sardegna, in particolare nell’Area Marina Protetta di Tavolara – Capo Coda Cavallo e nel Sito di Interesse Comunitario (SIC) di Berchida e Bidderosa nel territorio di Siniscola. A Tavolara, su incarico e attraverso la collaborazione dell’Ente Gestore dell’AMP, si stanno valutando le caratteristiche della popolazione di Paracentrotus lividus , il riccio di mare. Le ricerche sono finalizzate a produrre informazioni sullo stato di conservazione, la struttura e l’evoluzione della popolazione di questo echinoderma e ad impostare le basi per la regolamentazione dell’attività di pesca. Le popolazioni di questa specie sono in declino in molte aree della Sardegna, proprio a causa dell’eccessivo prelievo, e la sperimentazione nelle aree protette può fornire utili indicazioni per l’elaborazione di appropriate misure gestionali di questa importante risorsa. Inoltre, nell’AMP di Tavolara i ricercatori dell’IMC stanno conducendo uno studio sugli effetti che gli impatti meccanici dovuti all’ancoraggio delle barche da diporto hanno sulle praterie di Posidonia oceanica . A causa della ridotta capacità di resilienza, della sensibilità a numerosi fattori antropici e dell’importanza di questo habitat per l’ambiente marino costiero mediterraneo, le praterie di Posidonia oceanica , sono sottoposte a particolari misure di tutela. A Tavolara, in virtù dell’alta frequentazione delle barche da diporto, gli impatti più rilevanti sono legati proprio all’azione degli ancoraggi. L’indagine ha lo scopo di mettere a confronto praterie fortemente soggette agli impatti da ancoraggio con altre meno interessate al fenomeno in relazione ai differenti gradi di tutela. I risultati faranno luce sullo stato di conservazione e sulla eventuale necessità di azioni di salvaguardia delle praterie. Nel territorio marino del SIC di Berchida e Bidderosa, su incarico del Comune di Siniscola, l’IMC sta realizzando uno studio finalizzato ad identificare le aree potenzialmente soggette agli impatti meccanici da ancoraggio, causati delle imbarcazioni da diporto. I SIC vengono istituiti proprio per la tutela di habitat prioritari, come le praterie di Posidonia oceanica , e pertanto meritevoli di azioni di salvaguardia ai sensi della Direttiva Europea Habitat (92/43/CEE). Il progetto prevede l’analisi della cartografia esistente, il monitoraggio dello stato di conservazione del posidonieto e la valutazione quantitativa della frequentazione delle barche da diporto. Allo scopo di limitare gli impatti sulle praterie l’indagine è indirizzata all’identificazione delle aree più appropriate per l’ancoraggio libero, con l’eventuale posizionamento di boe di segnalazione, e alla definizione dei sistemi di ancoraggio più idonei.
E-mail: i.guala@fondazioneimc.it
Appuntamenti
Il giorno 13 luglio, nei locali della torre di Torregrande si è tenuto un Incontro Pubblico in occasione del conferimento della bandiera blu per il 2012. La giornata di sensibilizzazione, organizzata dal Comune di Oristano in collaborazione con la Fondazione IMC (Centro Marino Internazionale Onlus), ha coinvolto anche la sezione oristanese dell’IAMC – CNR (Istituto per l’Ambiente Marino Costiero) e il CReS/AMP (Centro per il Recupero della fauna selvatica) dell’ Area Marina Protetta Penisola del Sinis Isola di Mal di Ventre. Il Sindaco di Oristano, accompagnato da alcuni assessori, ha dato avvio ai lavori con l’invito ai presenti di promuovere e sviluppare tutte le iniziative volte alla salvaguardia della spiaggia di Torregrande. Durante l’incontro i tecnici del Comune hanno presentato, secondo le normative regionali, il programma e gli interventi che si operano sulle spiagge. Gli aspetti economici, geomorfologici, botanici e faunistici legati alla fascia costiera, sono stati presentati dagli studiosi degli istituti partecipanti. Nei due giorni seguenti i cittadini sono stati invitati a visitare gli stands sulle attività di studio delle spiagge e sulle azioni di formazione condotte con le scuole del territorio e a partecipare alla liberazione di una tartaruga marina Caretta caretta, dotata di un sistema Pop-up di monitoraggio dell’esemplare in natura, dopo il percorso di riabilitazione al CReS presso i laboratori dell’IMC.
Un rilevante studio dell’alga invasiva Caulerpa racemosa
Stefania Pinna, giovane ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio dell’Università di Sassari comunica gli esiti dei “Primi risultati sull’influenza di fattori fisici e biologici sul successo invasivo di Caulerpa racemosa” “Lungo le coste del Mediterraneo occidentale, l’alga introdotta Caulerpa racemosa è diventata un importante componente degli assemblaggi bentonici litorali ed è stata indicata come una specie in grado di cambiare la distribuzione e l’abbondanza di specie animali e vegetali residenti sia su substrati rocciosi che sabbiosi. In letteratura pochi studi hanno indagato l’importanza delle interazioni tra specie introdotte e le condizioni fisiche ambientali e nessuno è stato ancora svolto in Sardegna. Lo scopo del progetto, finanziato con fondi dalla Regione Autonoma della Sardegna (PO Sardegna FSE 2007-2013 LR7/2007), è stato quello di testare la relativa importanza di fattori abiotici (profondità, rugosità del substrato) e biotici (arrangiamento spaziale, stato di conservazione ed estensione degli habitat) nel determinare la presenza della specie introdotta C. racemosa. Grazie a questo progetto, sono disponibili i primi risultati a livello regionale che cercano di comprendere i fattori che regolano l’insediamento e la diffusione di C. racemosa e di evidenziare la vulnerabilità degli habitat all’invasione di specie aliene. Dall’indagine realizzata nell’Area Marina Protetta di Capo Carbonara (Villasimius), due siti in zona A e due in zona C, non sembra che i fattori abiotici considerati influenzino la diffusione di C. racemosa. L’assenza di relazione tra le componenti fisiche considerate e l’abbondanza di C. racemosa suggerisce una maggiore importanza dei fattori biotici che, di conseguenza, risultano essere elementi fondamentali per la diffusione della macroalga. Infatti, in presenza di specie residenti ben strutturate (Cystoseira e Posidonia oceanica), il ricoprimento di C. racemosa è apparso molto ridotto. La mancata diffusione di C. racemosa all’interno della prateria di P. oceanica in zona C suggerisce, inoltre, che la buona strutturazione fisica in questa zona dovuta al buono stato di conservazione rappresenta una importante barriera alla diffusione. In generale, i risultati di questo studio hanno evidenziato come la diffusione di C. racemosa potrebbe essere ostacolata da habitat integri e, viceversa, favorita da habitat degradati come i feltri algali e la matte morta di P. oceanica. Questo aspetto suggerisce che, in situazioni di degrado, la prateria venga ulteriormente minacciata dall’insinuarsi di C. racemosa, e che per preservarla è importante limitare l’introduzione dell’alga e le aree di nuova colonizzazione. Studi di questo tipo possono assumere particolare rilevanza nell’ottica di una gestione sostenibile delle aree costiere. Soprattutto nelle zone interessate da un elevato traffico di imbarcazioni da diporto, la predisposizione di campi boa per evitare o, se non altro, limitare l’ancoraggio fuori controllo, può essere strategica per ridurre la diffusione delle alghe alloctone e il conseguente degrado delle praterie a P. oceanica che da questa pratica vengono notevolmente danneggiate.“
E-mail: pinnaste@uniss.it